S e ne è andato in punta di piedi pochi giorni prima di Natale. Livio Felluga ha chiuso gli occhi a 102 anni nella sua casa di Brazzano. Una vita lunga, intensa, percorsa in gran parte in un secolo, il Novecento, caratterizzato da paure e speranze, da tragedie ed entusiasmi, da confini che sono cambiati più volte. Livio è nato quando a Isola sventolava l’aquila bicipite degli Asburgo e imperava Francesco Giuseppe e su quella terra sarebbero poi sventolate le bandiera dell’Italia prima, della Jugoslavia poi e, oggi, della Slovenia. Felluga è stato figlio del Novecento, ne ha sofferto i tormenti ma ha saputo guardare oltre con la speranza e lo spirito creativo di chi vuole lavorare per un futuro migliore. E vi è riuscito, costruendo dal niente un’azienda vitivinicola che oggi è conosciuta in tutto il mondo. La vita di Livio si è intrecciata fin da subito con le vigne, tra i terrazzamenti che si affacciavano sul mare di Isola dove i Felluga da secoli coltivavano la Malvasia e il Refosco che venivano venduti non solo in Istria ma che raggiungevano anche la capitale dell’impero. I primi rudimenti li ha imparati dal nonno che lo portava nelle vigne a dorso di mulo e a 7 anni gli aveva insegnato già a potare. Di quella terra ruvida ma sempre amata, Felluga ha mantenuto la sua parlata, quel misto di istro-veneto che non ha mai abbandonato ma che ha arricchito con venature gradesi. Con la famiglia si era trasferito a Grado quando era ancora bambino e poi, lui primogenito si era messo ad aiutare il padre Giovanni nel commercio del vino. In lui erano vivi i ricordi di quando, quindicenne, in bicicletta raggiungeva i paesi della Carnia per vendere bottiglie di Refosco, imparando il mestiere da Emilio Gottardo, un friulano abile commerciante, che poi negli anni Cinquanta lo ha aiutato a metter su cantina nel Collio. Ma vendere vino gli andava stretto. Finita la seconda guerra mondiale, che per otto anni lo aveva visto impegnato su vari fronti compresa la prigionia, aveva capito che la cantina e il commercio messo in piedi dal padre a Grado non bastavano più. Voleva produrre quel vino, voleva metterci il suo marchio. In quegli anni le campagne si spopolavano, ma lui, Livio, fece il percorso inverso: scoprì le colline ed ebbe l’intuizione che da quelle vigne, un po’ abbandonate, si potevano ricavare ottimi vini. Nel 1956 comprò i suoi primi 23 ettari sulle colline di Rosazzo dando inizio alla sua azienda con sede a Brazzano di Cormons. E in quell’anno ebbe anche un’altra intuizione geniale - oggi chiameremmo marketing -, quella di “vestire” le bottiglie del suo vino con una carta geografica. Oggi quest’etichetta ha fatto il giro del mondo ed è diventata il marchio che caratterizza i vini Felluga. La mappa storica del Friuli che ha scoperto nella bottega di un suo amico antiquario di Udine e che ha personalizzato, mettendo in evidenza le zone della sua produzione vitivinicola.
Il vero merito di Felluga è quello di aver rivitalizzato la collina. I contadini la stavano abbandonando preferendo al lavoro della terra la fabbrica, meno faticosa, dove alla fine del mese i soldi arrivavano sempre. Lui ha cominciato a frequentare quelle terre giorno dopo giorno, rinnovando i vitigni, aggiungendo ai tradizionali Tocai, Malvasia, Merlot e Refosco, i Pinot, la Ribolla Gialla e i Sauvignon. Un lavoro in vigna, dove nascono i grandi vini, che ha puntato sempre sulla qualità. Alla tradizione, ha saputo abbinare l’innovazione, ma senza usare violenze e soprusi. Livio ha saputo amare la terra, l’ha calpestata zolla dopo zolla, ha saputo parlare con le sue vigne, anno dopo anno le ha plasmate con mano morbida, senza violenze, per ricavarne il meglio. Fin quando ha potuto, è andato a guardarle, quasi ad accarezzarle. C’era una forte religiosità in Livio anche se, in un’intervista concessa a Elena Commessati dieci anni fa, sosteneva di non andare a messa. Ma aggiungeva che “la natura se la ami ti vuol bene, non ti tradisce, ti ricambia. Quando vedo un fiore nella mia campagna, capisco che non si può essere atei. Contro ogni scienza e spiegazione, qualcosa c’è. Sopra di noi”. Felluga è stato un visionario? No, ha fatto una scommessa e l’ha vinta, tanto che è stato riconosciuto come il padre non solo della viticoltura friulana ma di quella italiana. Un patriarca del vino che ha ottenuto mille riconoscimenti e attestati dal gotha del vino, ma la cui consacrazione è avvenuta con la laurea honoris causa in enologia che l’Università di Udine gli ha conferito nel 2009. Un riconoscimento giunto a 95 anni, ma che Livio ha apprezzato anche se si è sempre definito “solo un contadino” e a chi gli enumerava i successi ottenuti rispondeva: “Cossa go fato de grande?” con quella sua parlata veneto-gradese, mentre gli brillavano gli occhi nei quali si rifletteva l’azzurro del mare d’Istria. Qualcosa di grande Livio lo ha fatto: ha fatto risorgere la collina; se lo spopolamento si è fermato e le nuove generazioni hanno deciso di continuare, migliorando le aziende di famiglia, il merito è anche suo. Ha allargato l’azienda dove oggi lavorano, con compiti diversi, i suoi quattro figli Maurizio, Elda, Andrea e Filippo e si affacciano anche i nipoti.
Una famiglia che Livio ha posto sempre al primo posto. Oggi l’Azienda è cresciuta, vanta un’ estensione collinare nel Collio e nei Colli Orientali del Friuli di oltre 160 ettari di proprietà, di cui 155 a vigneto. Anche i vini hanno avuto la loro evoluzione cercando di venire incontro ai gusti dei consumatori. In questi anni, accanto ai bianchi varietali, sono nati eleganti uvaggi che portano i nomi come Illivio e Terre Alte. Tra i rossi, oltre ai tradizionale Refosco dal Peduncolo Rosso e Merlot, da segnalare la riserva del cru Sossò. Nel 2014, per festeggiare il secolo di vita di Livio, i figli hanno creato un irripetibile “100”, un bianco Rosazzo doc 2013. Ma Livio è riuscito anche a coronare un altro sogno che perseguiva da anni. Aveva iniziato il suo “viaggio” tra le colline di Rosazzo, aveva sposato quelle colline, luogo ideale per far nascere i suoi vini. Simbolo di quei luoghi l’Abbazia, che da secoli racchiude tutta la storia e la cultura enoica del Friuli. Un riferimento importante per Livio Felluga, che guardava all’Abbazia con grande ammirazione e rispetto. Il suo sogno era quello di prendersi cura delle vigne dell’Abbazia. È trascorso molto tempo e il sogno si è finalmente realizzato. Oggi la conduzione della cantina e dei vigneti è in mani all’azienda di famiglia che ha fatto nascere nel 2009 il vino “Abbazia di Rosazzo”, a incarnare l’imperituro amore di Livio per Rosazzo e la sua abbazia.