Ricordo la figura di don Renzo, un amico sacerdote sempre pronto a consigliarti nelle scelte di vita e d’impegno ecclesiale e sociale, un insegnante, uno dei primi colleghi, un maestro di vita.
Ho conosciuto don Renzo, in prima media quale insegnate di Religione alla “Favetti” di Gorizia, dove poi la vita ci ha fatto rincontrare come colleghi. Questo giovane prete di 28 anni mi ha incuriosito subito, attraverso la sua empatia e i suoi discorsi che miravano a far capire a noi ragazzini l’importanza di seguire con gli occhi, gli orecchi e la nostra attenzione la liturgia e di non fermarci all’esteriorità di partecipare a un rito, ma quel gesto doveva diventare la cartina di tornasole della nostra vita. Questo deve essere l’atteggiamento del cristiano e lui l’ha testimoniato durante tutta la sua vita sacerdotale.
Mi è tornato a mente questo ricordo nel momento in cui ho appreso la notizia del suo ritorno al Padre.
Nella scuola non è stato solo per più di trent’anni l’insegnante di religione, ma ha ricoperto l’incarico di vicepreside e di valido collaboratore dei Presidi che si sono alternati.
E’ stato membro per tantissimi anni della Commissione per l’IRC , sempre attento alla qualità dell’insegnamento e agli insegnanti da inserire per competenza, ma anche per la loro umanità, caratterista a suo dire fondamentale per un insegnate di religione, che deve essere sempre, a scuola e fuori, un uomo di Chiesa e del dialogo con tutti.
E’ stato un sacerdote sempre fedele al suo “sì” pronunciato nella Basilica di Aquileia cinquantadue anni fa, fino all’ultimo: faceva parte sicuramente di quella generazione di sacerdoti che non vanno mai in pensione. Durante il suo ministero non ha mai avuto paura di esporsi, anche andando controcorrente, assumendosi le responsabilità che ne derivavano. Ha aiutato tantissime persone, che hanno avuto l’opportunità di incontrarlo e conoscerlo, a maturare le proprie scelte di vita.
Entrando al Centro diocesano dell’Azione Cattolica, nel lontano 1982, ho ritrovato don Renzo, assistente uscente dei giovani, come maestro, assieme a Lidia Beltram, Arnolfo De Vittor, don Ennio Tuni e Nino Fragiacomo, dei meccanismi dell’AC e della scelta associativa come scelta di vita e di servizio alla Chiesa nella Diocesi e nella parrocchia.
Mi ha insegnato a stilare comunicati stampa e articoli, cercando di farmi capire che chi scrive deve essere sempre obiettivo, talvolta critico, ma mai polemico.
Durante i tanti anni passati insieme in AC, divenuto nel frattempo Assistete unitario e poi per alcuni mandati Assistete Regionale, mi ha aiutato ad amare sempre di più l’Associazione, e anche grazie a lui ho assunto i vari impegni di responsabilità fino a diventare Presidente Diocesano.
Quante riunioni fatte insieme, quante “Tre Giorni”, quanti contatti con i relatori e documenti stesi fino a tarda ora, per tanti anni con la sua “Lettera 32”, prima dell’avvento dei computer. Abbiamo partecipato a tante Assemblee nazionali e Convegni, mi ha fatto conoscere tantissime persone di AC grazie ai suoi contatti. In questi giorni ho ricevuto tante telefonate di responsabili ed ex diocesani, regionali e nazionali con i quali ho condiviso tanti ricordi, ma in particolare il suo impegno, la sua dedizione e il suo amore per quest’associazione ecclesiale.
Negli ultimi due anni collaborava attivamente con il Comitato per i 100 di AC in diocesi, che festeggeremo tra un anno, naturalmente scrivendo, sia suggerendo le figure anziane che hanno “fatto” la storia dell’AC goriziana, da intervistare per far emergere come l’AC vive nella quotidianità, talvolta silenziosa, il suo servizio alla Chiesa.
La vita ci ha fatto lavorare insieme a lungo anche nel “Centro Studi Rizzatti”, dove lui ha assunto la responsabilità del periodico “Iniziativa Isontina” raccogliendo il testimone da Celso Macor, storico direttore responsabile. Un impegno che l’ha visto sempre attento alle problematiche sociali, economiche e politiche dei nostri territori.
A livello personale, era uno di casa, ha partecipato alle mie principali scelte di vita, anche a quelle riguardanti il mio impegno politico con l’incarico di consigliere comunale: riguardo ai miei dubbi in merito, lui mi ha aiutato a discernere che, in quel momento, mi era richiesto quell’impegno. Durante il mio mandato è sempre stato disponibile a un confronto e a un consiglio, anche se ripeteva spesso che ogni persona deve fare le proprie scelte in autonomia. Mi ha sempre ricordato di essere me stesso e di non aver paura a fare scelte anche controcorrente per non venir meno ai miei ideali e principi.
Il suo ricordo resti in benedizione.
Michele Bressan Presidente Centro Studi “Sen. A. Rizzatti”