HOME > Articoli e notizie:Annotazioni culturali e memorie politiche sul Goriziano storico, all’inizio del 2021, sulla CITAZIONE DEL PRESIDENTE MATTARELLA SU NOVA GORICA - GORIZIA, definite DUE CITTA’ - UNICA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA NEL 2025
Annotazioni culturali e memorie politiche sul Goriziano storico, all’inizio del 2021, sulla CITAZIONE DEL PRESIDENTE MATTARELLA SU NOVA GORICA - GORIZIA, definite DUE CITTA’ - UNICA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA NEL 2025
Con emozione e gratitudine abbiamo condiviso in queste due parole la nostra reazione alla straordinaria citazione del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, alla fine del suo discorso, subito dopo il richiamo alla coesione europea e prima di affermare il suo impegno nell'anno decisivo per l'Italia; ultimo della sua Presidenza.
Avendo programmato un convivio “a distanza” tra amici accomunati da anni dalla partecipazione attiva ad associazioni culturali che si richiamano all’ispirazione cristiana, per passare assieme dal 2020 al 2021, ci siamo trovati a commentare “a caldo” quelle parole che avevamo appena sentito.
Emozione perchè mai ci aspettavamo, nè ricordiamo, un richiamo in diretta, a quindici milioni di italiani e a reti RAI unificate, ad una piccola città italiana di confine, quello della ex "Cortina di Ferro", portata ad esempio, assieme alla città "gemella" slovena, quale autentico patrimonio di convivenza e di fratellanza solidale per tutte le realtà confinarie nell'Europa e nel mondo.
L’unica analogia, autentico collegamento storico ed allo stesso tempo prospettico, la troviamo nella memorabile serata del 30 Aprile 2004 sul Piazzale della Stazione Transalpina, a cavallo del Confine di Stato, quando Romano Prodi, Presidente della Commissione Europea, è venuto proprio qui a celebrare l’allargamento dell’Unione Europea ai Paesi dell’Est, presente Borut Pahor, allora Presidente del Parlamento della Slovenia, adesso Presidente della Repubblica.
La stessa persona che ha stretto la mano a Mattarella nell’autunno del 2020 sui luoghi della memoria dei rispettivi Martiri, dopo aver condiviso pochi anni prima, sempre a Gorizia e sul Carso, il centesimo anniversario della “inutile strage”; e che all’inizio del secolo, da giovane parlamentare sloveno, abbiamo avuto il piacere di conoscere in una cena sul colle di S.Marco sopra S:Pietro, suo luogo natio, ospiti di Josko Strukelj, presente ovviamente il suo fraterno amico Michele Martina.
La loro vicenda fu al centro di quella amichevole serata, occasione di conoscenza e reciproca stima tra lo stesso Pahor e i due profetici sindaci di Nova Gorica e Gorizia degli anni ‘60, che adesso sentiamo come una felice premonizione.
L’emozione più forte tra noi è stata quella dei “goriziani doc”, emozionati da quel richiamo augurale del Presidente, in quanto personalmente e famigliarmente testimoni delle sofferenze e delle lacerazioni che hanno caratterizzato buona parte della loro giovinezza e non solo, quando l’appartenenza alla comunità italiana di madre lingua slovena o ancor più i matrimoni e quindi la frammistione tra sloveni e italiani, costituiva un serio ostacolo alle relazioni sociali.
E’ stato per loro una autentica liberazione: il potersi dire “goriziani” senza smentire nessuna delle proprie plurali e diverse radici identitarie, culturali e linguistiche; passare definitivamente oltre, finalmente, a tutte le strumentalizzazioni e riduzioni ideologiche che li hanno spesso confinati nell’accusa sprezzante dell’essere in qualche modo “traditori”.
Accusa rivolta non sempre apertamente, spesso subdolamente, dai due opposti settarismi che in questi tempi definiamo nazional-populisti-negazionisti.
Gratitudine profonda e sentita anzitutto verso il Presidente ma rivolta ai tanti testimoni che abbiamo avuto l'onore e la fortuna di incontrare, su questo territorio confinario, diviso da un innaturale confine di Stato; quelli che sono stati i principali protagonisti della trasformazione di una barriera, di un autentico Muro ideologico e politico, in quella che fin dagli anni '60 era stata battezzata come la "frontiera più aperta d'Europa".
Due sentimenti estesi alla moltitudine di uomini e donne che hanno per secoli coltivato e conservato uno spirito di condivisione delle fatiche, delle tragedie e delle speranze tra diversi, tra famiglie e comunità parlanti lingue diverse e ancorati a storie anche conflittuali; in un territorio attraversato da orde di invasori armati ma anche di popoli alla ricerca di una terra ospitale, nelle due opposte direzioni Est – Ovest.
Fino alle due Guerre Mondiali del Novecento, che più di tutte le altre messe assieme hanno devastato case, campi e famiglie, comunità e Istituzioni, consumando tragedie di autentico oltraggio alla dignità delle persone, veri e propri crimini contro l'Umanità.
Queste genti diverse, principalmente di ceppo latino-romano, tedesco-germanico e slavo, in questa terra che l'Isonzo congiunge dalle Dolomiti al Mare Adriatico, si sono frammischiate nel tempo parlando quotidianamente quattro lingue, costruendo con la pazienza dei profeti e la forza dei contadini, una fortissima cultura delle convivenza e del dialogo, privilegiando quanto poteva risultare utile al loro futuro rispetto alle tante occasioni di scontro e di divisione.
E' stato da questo humus che hanno sempre trovato la forza di riprendersi da tutte le devastazioni e da tutte le guerre, trovando sempre i modi e le occasioni per ridare forza alle proprie radici e produrre nuovi frutti; niente e nessuno ha distrutto quell'humus, risorsa vitale per se stessi ma anche fattore di esemplare sperimentazione per altri popoli, in altri tempi e luoghi. Tante divisioni anche profonde, ma nessuna frattura è risultata insanabile.
La mente ed il cuore sono stati più forti: nobili e umili contadini anche schiavizzati, colti e masse di analfabeti, benestanti e poveri, tutti hanno partecipato a questa storia, ognuno con la sua dignità, la propria identità, aperta alla contaminazione reciproca verso una comune evoluzione: così adesso la Storia, quella con la maiuscola, accende la luce (speriamo non fari abbaglianti) su quest'angolo di terra benedetta dal Creatore ma anche dalle lacrime, dal sudore e da tanto, troppo sangue, proprio e altrui.
Esprimendo questi sentimenti con gli amici, grazie ad alcune loro scherzose allusioni su chi avesse suggerito a Mattarella quel suo richiamo goriziano, abbiamo commentato che il Presidente conosce benissimo questa terra e questa storia, soprattutto per la parte culturale e politica degli ultimi settant'anni, avendo conosciuto personalmente tanti di quei protagonisti isontini, cattolici e militanti in gran parte, come lui e suo fratello Piersanti, nella Democrazia Cristiana, nell'ampia area che si può definire degasperiana e morotea.
E’ stato estimatore e amico di Michele Martina, che aveva conosciuto nei primi anni 70 quando Michele era al Senato, re-incontrato a Gorizia nel 1989, in occasione della sua partecipazione da relatore alla celebrazione del trentesimo anniversario del Centro Studi "sen. A. Rizzatti" e della sua rivista "Iniziativa Isontina".
Abbiamo recuperato il fascicolo n.92 e fotocopiato l'estratto che si allega, che riporta integralmente il suo intervento in veste di Ministro dei Rapporti con il Parlamento; il pur breve convivio, seguito a quell'incontro tenutosi all'Auditorium "Mons. Fogar di Corso Verdi a Gorizia, ci ha consentito di constatare la loro reciproca quanto profonda stima e amicizia.
Mattarella era venuto su invito dell'on. Luciano Rebulla, parlamentare isontino, e dell'allora Presidente della Regione FVG, Adriano Biasutti, l’uomo della ricostruzione del Friuli del dopo-terremoto, intervenuto in rappresentanza dell’Istituzione la cui nascita e specialità è dovuta, per ampio e documentato riconoscimento, proprio alla classe politica goriziana ed isontina, guidata dalla Democrazia Cristiana e dai cattolici cresciuti con Rolando Cian fin dalla Resistenza a fianco della “Osoppo”.
Nei tre interventi riportati, si leggono riferimenti ad importanti provvedimenti a sostegno delle aree confinarie, in particolare a quella che è stata definita "ri-finanziamento di Osimo" che conteneva tra l'altro anche l'istituzione a Gorizia del Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche; quel SID che ha aperto la strada della presenza universitaria a Gorizia. Legge che comprendeva anche finanziamento all'Università di Trieste per l'acquisto della sede (ex Seminario Minore) che da quel tempo in poi, con fondamentali sostegni per la sua ristrutturazione e ampliamento da parte della Camera di Commercio (Presidente Enzo Bevilacqua), è patrimonio dell'Ateneo.
Rileggendo anche la sintesi di Paola Benes, allora Presidente del Centro Studi “Rizzatti”, si trovano riferimenti ad alcune delle persone che giustamente andavano ricordate per attestare la lungimirante innovazione prodotta dal Centro Studi e della sua rivista (Direttore di Iniziativa Isontina era ancora Celso Macor, poeta e scrittore friulano, la voce “profetica” dei quei giovani goriziani), i due "genitori", tra gli altri, dell'Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei e dell’Istituto di Sociologia Internazionale – ISIG di Gorizia.
Per questo abbiamo ritenuto opportuno diffondere tale estratto integrandolo anche con il fascicolo, stampato dalle associazioni riconducibili alla medesima origine in occasione del sessantesimo anniversario dello storico Congresso Provinciale della Democrazia Cristiana, l’evento che ha innescato a Gorizia l'innovazione che fatto riconoscere il "Goriziano storico" a cavallo del confine come la "frontiera più aperta d'Europa".
E’ stato quello lo sbocco politico di una istanza religiosa, laicamente maturata ed espressa prima sul piano culturale e sociale; quello che, oltre a provocare una profonda frattura nella DC, aveva provocato la reazione dei vertici della Chiesa locale di allora dove era stato coniato il termine di “comunistelli di sagrestia”.
Era espressione ironica del disagio che provocavano negli ambienti conservatori quei giovani, alcuni ex studenti in Seminario e altri diventati sacerdoti, che si battevano con passione, a causa della fede, per il riscatto delle fasce più deboli e povere, affermando il primato della persona rispetto ad ogni forma di organizzazione statuale e politica. In tempi più vicini il termine si è evoluto poi in “catto-comunisti e filo slavi” da una parte e di integralisti conservatori legati ai “padroni” dall’altra.
Mancavano già in tanti a quell’incontro del Marzo 2014; lo stesso Michele Martina era appena deceduto.
Adesso la gran parte delle donne e degli uomini citati non sono più tra noi; i pochi “rimasti”, ultranovantenni e in buona salute, sono testimoni di una esperienza straordinaria per la quale adesso si sono orgogliosamente sentiti, seppur indirettamente, portati all'attenzione del nostro Paese e dell'Europa dal Presidente della Repubblica Italiana in persona.
Ci è sembrato doveroso richiamarli, pur in questa limitatissima sintesi, che comprende fotografie e sintetici testi posti accanto, in successione temporale, nelle tre pagine interne in bianco e nero; una ricostruzione a scatti brevi di persone e di eventi che, senza la pretesa di essere una documentazione storica, è un segno di ammirazione e riconoscenza utile anche alla migliore comprensione della loro esperienza.
Assieme a tante altre ricerche e convegni sul ruolo del cattolicesimo sociale e politico del novecento goriziano, pubblicazioni comprese, amplia la memoria di persone, eventi ed esperienze che deve venire rapportata all’attualità, nonostante i tentativi di occultazione e la dimenticanza colpevole di parte anche dei cattolici stessi.
La sostanziale indifferenza della “grande stampa” nazionale sulla citazione “goriziana” del Presidente Mattarella, quasi fosse un cenno avulso dal suo discorso (del quale è stata chiaramente una logica connessione), la dice lunga sulla considerazione nella quale è tenuto (per adesso…) questo patrimonio autenticamente europeo.
Gorizia – Ronchi dei Legionari, 01-06 Gennaio 2021
don Renzo Boscarol, Direttore di Iniziativa Isontina
Nicolò Fornasir, vice Presidente dell'Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei di Gorizia
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