Una (non più, purtroppo tanto) anomala magra dell’Isonzo, conseguenza evidente della perdurante combinazione caldo forte-poca pioggia, ha riportato alla ribalta anche dei quotidiani locali la presenza dello storico ponte romano sulla Mainizza. Una modesta polemica durata qualche giorno ha sollevato il problema della sua esatta ubicazione, della sua mancata tutela, dell’assoluta assenza di attenzione: nessun cartello indicatore, nessuna guida storica sul luogo. Diversi scritti, più o meno autorevoli, hanno documentato la rilevanza storica di quel manufatto, un autentico “ponte” tra Oriente e Occidente per oltre due millenni, accertato che “fisicamente” sul ponte per diversi secoli, prima attaverso il guado corrispondente e poi utilizzando le infrastrutture che il progresso tecnologico ha consentito, si sono intrecciati eventi che hanno segnato profondamente quei due mondi. Nell’estate del 2003, in famiglia, si è pensato di visitare il ponte considerando che la grande secca del fiume lo avrebbe forse consentito: pur in assenza di indicazioni sul luogo, duecento metri a monte del (brutto) ponte autostradale, si è potuto ammirare i resti di quel manufatto che, fino ad allora, era solo una curiosità storica, letta e descritta per citazione. Con sorpresa abbiamo trovato resti di tronchi di legno infissi nel greto, numerose pietre nella gran parte squadrate e collocate in un “disordine ordinato”, alcune con significative iscrizioni latine: per noi i resti del ponte che abbiamo fotografato, tanto per tenere una memoria che da un lato riteniamo assolutamente trascurabile rispetto alla documentazione ufficiale certamente disponibile, dall’altro utile adesso per alcune considerazioni. Anzitutto: che il ponte “romano” merita maggiore considerazione, rispetto e cura da parte di tutti i soggetti competenti; sarebbe più che auspicabile un’adeguata guida con indicazioni sul posto, cartelli indicatori sulla strada, elementi che ne consentano la conoscenza e la visita sul posto oltre ovviamente ad interventi di tutela e di conservazione. A causa della costruzione del raddoppio del ponte autostradale, ignoti hanno effettuato riporti di pietrame e materiale ghiaioso proprio nei pressi del ponte ormai sommerso: sarebbe doveroso che quanti hanno competenza e responsabilità, vogliano e possano controllare che tali interventi non abbiano ulteriormente logorato quei resti. Ancora più grande rispetto pretende l’Isonzo, per la sua storia, antica e meno (forse il centenario della Grande Guerra sarà occasione buona?), soprattutto la sua inestimabile risorsa dell’acqua, bene sempre più prezioso e sempre meno “comune” nel senso più vero della parola: per una conoscenza diffusa, maggiore consapevolezza collettiva, reale partecipazione istituzionale. Inaridisce l’Isonzo, decade Gorizia: una metafora che provoca la necessità di un ripensamento sul destino di una terra per sua natura di frontiera, di rapporti intensi nella diversità, di risorse antiche da rivalutare pensando alle generazioni che verranno.